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      – La diritta è mia.
      – Co' vostri pari, è sempre mia.
      – Sì, se l'arroganza de' vostri pari fosse legge per i pari miei. I bravi dell'uno e dell'altro eran rimasti fermi, ciascuno dietro il suo padrone, guardandosi in cagnesco, con le mani alle daghe, preparati alla battaglia. La gente che arrivava di qua e di là, si teneva in distanza, a osservare il fatto; e la presenza di quegli spettatori animava sempre più il puntiglio de' contendenti.
      – Nel mezzo, vile meccanico; o ch'io t'insegno una volta come si tratta co' gentiluomini.
      – Voi mentite ch'io sia vile.
      – Tu menti ch'io abbia mentito –. Questa risposta era di prammatica. – E, se tu fossi cavaliere, come son io, – aggiunse quel signore, – ti vorrei far vedere, con la spada e con la cappa, che il mentitore sei tu.
      – E un buon pretesto per dispensarvi di sostener co' fatti l'insolenza delle vostre parole.
      – Gettate nel fango questo ribaldo, – disse il gentiluomo, voltandosi a' suoi.
      – Vediamo! – disse Lodovico, dando subitamente un passo indietro, e mettendo mano alla spada.
      – Temerario! – gridò l'altro, sfoderando la sua: – io spezzerò questa, quando sarà macchiata del tuo vil sangue.
      Così s'avventarono l'uno all'altro; i servitori delle due parti si slanciarono alla difesa de' loro padroni. Il combattimento era disuguale, e per il numero, e anche perché Lodovico mirava piùttosto a scansare i colpi, e a disarmare il nemico, che ad ucciderlo; ma questo voleva la morte di lui, a ogni costo. Lodovico aveva già ricevuta al braccio sinistro una pugnalata d'un bravo, e una sgraffiatura leggiera in una guancia, e il nemico principale gli piombava addosso per finirlo; quando Cristoforo, vedendo il suo padrone nell'estremo pericolo, andò col pugnale addosso al signore.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





Lodovico Lodovico Cristoforo