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      – Ma questo – replicava, non meno urlando, il podestà, – questo è un di più, un mero di più, un ornamento poetico, giacché il messaggiero è di sua natura inviolabile, per diritto delle genti, jure gentium: e, senza andar tanto a cercare, lo dice anche il proverbio: ambasciator non porta pena. E, i proverbi, signor conte, sono la sapienza del genere umano. E, non avendo il messaggiero detto nulla in suo proprio nome, ma solamente presentata la sfida in iscritto...
      – Ma quando vorrà capire che quel messaggiero era un asino temerario, che non conosceva le prime...?
      – Con buona licenza di lor signori, – interruppe don Rodrigo, il quale non avrebbe voluto che la questione andasse troppo avanti: – rimettiamola nel padre Cristoforo; e si stia alla sua sentenza.
      – Bene, benissimo, – disse il conte Attilio, al quale parve cosa molto garbata di far decidere un punto di cavalleria da un cappuccino; mentre il podestà, più infervorato di cuore nella questione, si chetava a stento, e con un certo viso, che pareva volesse dire: ragazzate.
      – Ma, da quel che mi pare d'aver capito, – disse il padre, – non son cose di cui io mi deva intendere.
      – Solite scuse di modestia di loro padri; – disse don Rodrigo: – ma non mi scapperà. Eh via! sappiam bene che lei non è venuta al mondo col cappuccio in capo, e che il mondo l'ha conosciuto. Via, via: ecco la questione.
      – Il fatto è questo, – cominciava a gridare il conte Attilio.
      – Lasciate dir a me, che son neutrale, cugino, – riprese don Rodrigo. – Ecco la storia.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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