Egli camminava innanzi e indietro, al buio, per una stanzaccia disabitata dell'ultimo piano, che rispondeva sulla spianata. Ogni tanto si fermava, tendeva l'orecchio, guardava dalle fessure dell'imposte intarlate, pieno d'impazienza e non privo d'inquietudine, non solo per l'incertezza della riuscita, ma anche per le conseguenze possibili; perché era la più grossa e la più arrischiata a cui il brav'uomo avesse ancor messo mano. S'andava però rassicurando col pensiero delle precauzioni prese per distrugger gl'indizi, se non i sospetti. "In quanto ai sospetti", pensava, "me ne rido. Vorrei un po' sapere chi sarà quel voglioso che venga quassù a veder se c'è o non c'è una ragazza. Venga, venga quel tanghero, che sarà ben ricevuto. Venga il frate, venga. La vecchia? Vada a Bergamo la vecchia. La giustizia? Poh la giustizia! Il podestà non è un ragazzo, né un matto. E a Milano? Chi si cura di costoro a Milano? Chi gli darebbe retta? Chi sa che ci siano? Son come gente perduta sulla terra; non hanno né anche un padrone: gente di nessuno. Via, via, niente paura. Come rimarrà Attilio, domattina! Vedrà, vedrà s'io fo ciarle o fatti. E poi... se mai nascesse qualche imbroglio... che so io? qualche nemico che volesse cogliere quest'occasione,... anche Attilio saprà consigliarmi: c'è impegnato l'onore di tutto il parentado ". Ma il pensiero sul quale si fermava di più, perché in esso trovava insieme un acquietamento de' dubbi, e un pascolo alla passion principale, era il pensiero delle lusinghe, delle promesse che adoprerebbe per abbonire Lucia.
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