I suoi bracchi erano in campo fino dal principio del tumulto: e quel sedicente Ambrogio Fusella era, come ha detto l'oste, un bargello travestito, mandato in giro appunto per cogliere sul fatto qualcheduno da potersi riconoscere, e tenerlo in petto, e appostarlo, e acchiapparlo poi, a notte affatto quieta, o il giorno dopo. Sentite quattro parole di quella predica di Renzo, colui gli aveva fatto subito assegnamento sopra; parendogli quello un reo buon uomo, proprio quel che ci voleva. Trovandolo poi nuovo affatto del paese, aveva tentato il colpo maestro di condurlo caldo caldo alle carceri, come alla locanda più sicura della città; ma gli andò fallito, come avete visto. Poté però portare a casa la notizia sicura del nome, cognome e patria, oltre cent'altre belle notizie congetturali; dimodoché, quando l'oste capitò lì, a dir ciò che sapeva intorno a Renzo, ne sapevan già più di lui. Entrò nella solita stanza, e fece la sua deposizione: come era giunto ad alloggiar da lui un forestiero, che non aveva mai voluto manifestare il suo nome.
– Avete fatto il vostro dovere a informar la giustizia –; disse un notaio criminale, mettendo giu la penna, – ma già lo sapevamo.
Bel segreto!
pensò l'oste: "ci vuole un gran talento!" – E sappiamo anche, – continuò il notaio, – quel riverito nome.
Diavolo! il nome poi, com'hanno fatto?
pensò l'oste questa volta.
– Ma voi, – riprese l'altro, con volto serio, – voi non dite tutto sinceramente.
– Cosa devo dire di più?
– Ah! ah! sappiamo benissimo che colui ha portato nella vostra osteria una quantità di pane rubato, e rubato con violenza, per via di saccheggio e di sedizione.
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Ambrogio Fusella Renzo Renzo
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