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      Io ho cercato di smorzare; ma vedendo che la cosa andava per le brutte, ho creduto che fosse mio dovere d'avvertir di tutto il signore zio, che alla fine è il capo e la colonna della casa...
      – Avresti fatto meglio a parlare un poco prima.
      – È vero; ma io andavo sperando che la cosa svanirebbe da sé, o che il frate tornerebbe finalmente in cervello, o che se n'anderebbe da quel convento, come accade di questi frati, che ora sono qua, ora sono là; e allora tutto sarebbe finito. Ma...
      – Ora toccherà a me a raccomodarla.
      – Così ho pensato anch'io. Ho detto tra me: il signore zio, con la sua avvedutezza, con la sua autorità, saprà lui prevenire uno scandolo, e insieme salvar l'onore di Rodrigo, che è poi anche il suo. Questo frate, dicevo io, l'ha sempre col cordone di san Francesco; ma per adoprarlo a proposito, il cordone di san Francesco, non è necessario d'averlo intorno alla pancia. Il signore zio ha cento mezzi ch'io non conosco: so che il padre provinciale ha, com'è giusto, una gran deferenza per lui; e se il signore zio crede che in questo caso il miglior ripiego sia di far cambiar aria al frate, lui con due parole...
      – Lasci il pensiero a chi tocca, vossignoria, – disse un po' ruvidamente il conte zio.
      – Ah è vero! – esclamò Attilio, con una tentennatina di testa, e con un sogghigno di compassione per sé stesso. – Son io l'uomo da dar pareri al signore zio! Ma è la passione che ho della riputazione del casato che mi fa parlare. E ho anche paura d'aver fatto un altro male, – soggiunse con un'aria pensierosa: – ho paura d'aver fatto torto a Rodrigo nel concetto del signore zio.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





Rodrigo Francesco Francesco Attilio Rodrigo