CAPITOLO XXILa vecchia era corsa a ubbidire e a comandare, con l'autorità di quel nome che, da chiunque fosse pronunziato in quel luogo, li faceva spicciar tutti; perché a nessuno veniva in testa che ci fosse uno tanto ardito da servirsene falsamente. Si trovò infatti alla Malanotte un po' prima che la carrozza ci arrivasse; e vistala venire, uscì di bussola, fece segno al cocchiere che fermasse, s'avvicinò allo sportello; e al Nibbio, che mise il capo fuori, riferì sottovoce gli ordini del padrone.
Lucia, al fermarsi della carrozza, si scosse, e rinvenne da una specie di letargo. Si sentì da capo rimescolare il sangue, spalancò la bocca e gli occhi, e guardò. Il Nibbio s'era tirato indietro; e la vecchia, col mento sullo sportello, guardando Lucia, diceva: – venite, la mia giovine; venite, poverina; venite con me, che ho ordine di trattarvi bene e di farvi coraggio.
Al suono d'una voce di donna, la poverina provò un conforto, un coraggio momentaneo; ma ricadde subito in uno spavento più cupo. – Chi siete? – disse con voce tremante, fissando lo sguardo attonito in viso alla vecchia.
– Venite, venite, poverina, – andava questa ripetendo. Il Nibbio e gli altri due, argomentando dalle parole e dalla voce così straordinariamente raddolcita di colei, quali fossero l'intenzioni del signore, cercavano di persuader con le buone l'oppressa a ubbidire. Ma lei seguitava a guardar fuori; e benché il luogo selvaggio e sconosciuto, e la sicurezza de' suoi guardiani non le lasciassero concepire speranza di soccorso, apriva non ostante la bocca per gridare; ma vedendo il Nibbio far gli occhiacci del fazzoletto, ritenne il grido, tremò, si storse, fu presa e messa nella bussola.
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