– Io non vi chiedevo una lode, che mi fa tremare, – disse Federigo, – perché Dio conosce i miei mancamenti, e quello che ne conosco anch'io, basta a confondermi. Ma avrei voluto, vorrei che ci confondessimo insieme davanti a Lui, per confidare insieme. Vorrei, per amor vostro, che intendeste quanto la vostra condotta sia stata opposta, quanto sia opposto il vostro linguaggio alla legge che pur predicate, e secondo la quale sarete giudicato.
– Tutto casca addosso a me, – disse don Abbondio: – ma queste persone che son venute a rapportare, non le hanno poi detto d'essersi introdotte in casa mia, a tradimento, per sorprendermi, e per fare un matrimonio contro le regole.
– Me l'hanno detto, figliuolo: ma questo m'accora, questo m'atterra, che voi desideriate ancora di scusarvi; che pensiate di scusarvi, accusando; che prendiate materia d'accusa da ciò che dovrebb'esser parte della vostra confessione. Chi gli ha messi, non dico nella necessità, ma nella tentazione di far ciò che hanno fatto? Avrebbero essi cercata quella via irregolare, se la legittima non fosse loro stata chiusa? pensato a insidiare il pastore, se fossero stati accolti nelle sue braccia, aiutati, consigliati da lui? a sorprenderlo, se non si fosse nascosto? E a questi voi date carico? e vi sdegnate perché, dopo tante sventure, che dico? nel mezzo della sventura, abbian detto una parola di sfogo al loro, al vostro pastore? Che il ricorso dell'oppresso, la querela dell'afflitto siano odiosi al mondo, il mondo è tale; ma noi!
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Federigo Dio Abbondio
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