Sia com'esser si voglia, ordinando ai fornai di far tanto pane, bisognava anche fare in modo che la materia del pane non mancasse loro. S'era immaginato (come sempre in tempo di carestia rinasce uno studio di ridurre in pane de' prodotti che d'ordinario si consumano sott'altra forma), s'era, dico, immaginato di far entrare il riso nel composto del pane detto di mistura. Il 23 di novembre, grida che sequestra, agli ordini del vicario e de' dodici di provvisione, la metà del riso vestito (risone lo dicevano qui, e lo dicon tuttora) che ognuno possegga; pena a chiunque ne disponga senza il permesso di que' signori, la perdita della derrata, e una multa di tre scudi per moggio. È, come ognun vede, la più onesta.
Ma questo riso bisognava pagarlo, e un prezzo troppo sproporzionato da quello del pane. Il carico di supplire all'enorme differenza era stato imposto alla città; ma il Consiglio de' decurioni, che l'aveva assunto per essa, deliberò, lo stesso giorno 23 di novembre, di rappresentare al governatore l'impossibilità di sostenerlo più a lungo. E il governatore, con grida del 7 di dicembre, fissò il prezzo del riso suddetto a lire dodici il moggio: a chi ne chiedesse di più, come a chi ricusasse di vendere, intimò la perdita della derrata e una multa d'altrettanto valore, et maggior pena pecuniaria et ancora corporale sino alla galera, all'arbitrio di S. E., secondo la qualità de' casi et delle persone.
Al riso brillato era già stato fissato il prezzo prima della sommossa; come probabilmente la tariffa o, per usare quella denominazione celeberrima negli annali moderni, il maximum del grano e dell'altre granaglie più ordinarie sarà stato fissato con altre gride, che non c'è avvenuto di vedere.
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Consiglio
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