VI, pag. 386.) – l'erbe del prato e le cortecce degli alberi si convertono in cibo –. Granaglie pure e danari aveva distribuiti ai parrochi della città; lui stesso la visitava, quartiere per quartiere, dispensando elemosine; soccorreva in segreto molte famiglie povere; nel palazzo arcivescovile, come attesta uno scrittore contemporaneo, il medico Alessandro Tadino, in un suo Ragguaglio che avremo spesso occasion di citare andando avanti, si distribuivano ogni mattina due mila scodelle di minestra di riso (Ragguaglio dell'origine et giornali sucessi della gran peste contagiosa, venefica et malefica, seguita nella città di Milano etc. Milano, 1648, pag. 10.).
Ma questi effetti di carità, che possiamo certamente chiamar grandiosi, quando si consideri che venivano da un sol uomo e dai soli suoi mezzi (giacché Federigo ricusava, per sistema, di farsi dispensatore delle liberalità altrui); questi, insieme con le liberalità d'altre mani private, se non così feconde, pur numerose; insieme con le sovvenzioni che il Consiglio de' decurioni aveva decretate, dando al tribunal di provvisione l'incombenza di distribuirle; erano ancor poca cosa in paragone del bisogno. Mentre ad alcuni montanari vicini a morir di fame, veniva, per la carità del cardinale, prolungata la vita, altri arrivavano a quell'estremo; i primi, finito quel misurato soccorso, ci ricadevano; in altre parti, non dimenticate, ma posposte, come meno angustiate, da una carità costretta a scegliere, l'angustie divenivan mortali; per tutto si periva, da ogni parte s'accorreva alla città. Qui, due migliaia, mettiamo, d'affamati più robusti ed esperti a superar la concorrenza e a farsi largo, avevano acquistata una minestra, tanto da non morire in quel giorno; ma più altre migliaia rimanevano indietro, invidiando quei, diremo noi, più fortunati, quando, tra i rimasti indietro, c'erano spesso le mogli, i figli, i padri loro?
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