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      Ma intanto, ne va di mezzo chi non ci ha colpa.
      – Lasci un po' star codesta gente; che già non son quelli che ci verranno a aiutare, – diceva Perpetua. – Codeste, mi scusi, sono di quelle sue solite chiacchiere che non concludon nulla. Piuttosto, quel che mi dà noia...
      – Cosa c'è?
      Perpetua, la quale, in quel pezzo di strada, aveva pensato con comodo al nascondimento fatto in furia, cominciò a lamentarsi d'aver dimenticata la tal cosa, d'aver mal riposta la tal altra; qui, d'aver lasciata una traccia che poteva guidare i ladroni, là...
      – Brava! – disse don Abbondio, ormai sicuro della vita, quanto bastava per poter angustiarsi della roba: – brava! così avete fatto? Dove avevate la testa?
      – Come! – esclamò Perpetua, fermandosi un momento su due piedi, e mettendo i pugni su' fianchi, in quella maniera che la gerla glielo permetteva: – come! verrà ora a farmi codesti rimproveri, quand'era lei che me la faceva andar via, la testa, in vece d'aiutarmi e farmi coraggio! Ho pensato forse più alla roba di casa che alla mia; non ho avuto chi mi desse una mano; ho dovuto far da Marta e Maddalena; se qualcosa anderà a male, non so cosa mi dire: ho fatto anche più del mio dovere.
      Agnese interrompeva questi contrasti, entrando anche lei a parlare de' suoi guai: e non si rammaricava tanto dell'incomodo e del danno, quanto di vedere svanita la speranza di riabbracciar presto la sua Lucia; ché, se vi rammentate, era appunto quell'autunno sul quale avevan fatto assegnamento: né era da supporre che donna Prassede volesse venire a villeggiare da quelle parti, in tali circostanze: piuttosto ne sarebbe partita, se ci si fosse trovata, come facevan tutti gli altri villeggianti.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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