Quanto sarei contento di potergli parlare un'altra volta, un po' più con comodo.
Alzati poi da tavola, le fece osservare una stampa rappresentante il cardinale, che teneva attaccata a un battente d'uscio, in venerazione del personaggio, e anche per poter dire a chiunque capitasse, che non era somigliante; giacché lui aveva potuto esaminar da vicino e con comodo il cardinale in persona, in quella medesima stanza.
– L'hanno voluto far lui, con questa cosa qui? – disse Agnese. – Nel vestito gli somiglia; ma...
– N'è vero che non somiglia? – disse il sarto: – lo dico sempre anch'io: noi, non c'ingannano, eh? ma, se non altro, c'è sotto il suo nome: è una memoria.
Don Abbondio faceva fretta; il sarto s'impegnò di trovare un baroccio che li conducesse appiè della salita; n'andò subito in cerca, e poco dopo, tornò a dire che arrivava. Si voltò poi a don Abbondio, e gli disse: – signor curato, se mai desiderasse di portar lassù qualche libro, per passare il tempo, da pover'uomo posso servirla: ché anch'io mi diverto un po' a leggere. Cose non da par suo, libri in volgare; ma però...
– Grazie, grazie, – rispose don Abbondio: – son circostanze, che si ha appena testa d'occuparsi di quel che è di precetto.
Mentre si fanno e si ricusano ringraziamenti, e si barattano saluti e buoni augùri, inviti e promesse d'un'altra fermata al ritorno, il baroccio è arrivato davanti all'uscio di strada. Ci metton le gerle, salgon su, e principiano, con un po' più d'agio e di tranquillità d'animo, la seconda metà del viaggio.
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Agnese Abbondio Abbondio Abbondio
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