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      Non aprì bocca, per tutta la strada; e la prima parola, arrivati a casa, fu d'ordinare al Griso che gli facesse lume per andare in camera. Quando ci furono, il Griso osservò il viso del padrone, stravolto, acceso, con gli occhi in fuori, e lustri lustri; e gli stava alla lontana: perché, in quelle circostanze, ogni mascalzone aveva dovuto acquistar, come si dice, l'occhio medico.
      – Sto bene, ve', – disse don Rodrigo, che lesse nel fare del Griso il pensiero che gli passava per la mente. – Sto benone; ma ho bevuto, ho bevuto forse un po' troppo. C'era una vernaccia!... Ma, con una buona dormita, tutto se ne va. Ho un gran sonno... Levami un po' quel lume dinanzi, che m'accieca... mi dà una noia...!
      – Scherzi della vernaccia, – disse il Griso, tenendosi sempre alla larga. – Ma vada a letto subito, ché il dormire le farà bene.
      – Hai ragione: se posso dormire... Del resto, sto bene. Metti qui vicino, a buon conto, quel campanello, se per caso, stanotte avessi bisogno di qualche cosa: e sta' attento, ve', se mai senti sonare. Ma non avrò bisogno di nulla... Porta via presto quel maledetto lume, – riprese poi, intanto che il Griso eseguiva l'ordine, avvicinandosi meno che poteva. – Diavolo! che m'abbia a dar tanto fastidio!
      Il Griso prese il lume, e, augurata la buona notte al padrone, se n'andò in fretta, mentre quello si cacciava sotto.
      Ma le coperte gli parvero una montagna. Le buttò via, e si rannicchiò, per dormire; ché infatti moriva dal sonno. Ma, appena velato l'occhio, si svegliava con un riscossone, come se uno, per dispetto, fosse venuto a dargli una tentennata; e sentiva cresciuto il caldo, cresciuta la smania.


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I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





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