Pagina (676/798)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      C'era stato cinque o sei mesi, salvo il vero; dopo i quali, dichiarata l'inimicizia tra la repubblica e il re di Spagna, e cessato quindi ogni timore di ricerche e d'impegni dalla parte di qui, Bortolo s'era dato premura d'andarlo a prendere, e di tenerlo ancora con sé, e perché gli voleva bene, e perché Renzo, come giovine di talento, e abile nel mestiere, era, in una fabbrica, di grande aiuto al factotum, senza poter mai aspirare a divenirlo lui, per quella benedetta disgrazia di non saper tener la penna in mano. Siccome anche questa ragione c'era entrata per qualche cosa, così abbiam dovuto accennarla. Forse voi vorreste un Bortolo più ideale: non so che dire: fabbricatevelo. Quello era così.
      Renzo era poi sempre rimasto a lavorare presso di lui. Più d'una volta, e specialmente dopo aver ricevuta qualcheduna di quelle benedette lettere da parte d'Agnese, gli era saltato il grillo di farsi soldato, e finirla: e l'occasioni non mancavano; ché, appunto in quell'intervallo di tempo, la repubblica aveva avuto bisogno di far gente. La tentazione era qualche volta stata per Renzo tanto più forte, che s'era anche parlato d'invadere il milanese; e naturalmente a lui pareva che sarebbe stata una bella cosa, tornare in figura di vincitore a casa sua, riveder Lucia, e spiegarsi una volta con lei. Ma Bortolo, con buona maniera, aveva sempre saputo smontarlo da quella risoluzione.
      – Se ci hanno da andare, – gli diceva, – ci anderanno anche senza di te, e tu potrai andarci dopo, con tuo comodo; se tornano col capo rotto, non sarà meglio essere stato a casa tua?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I promessi sposi
di Alessandro Manzoni
pagine 798

   





Spagna Bortolo Renzo Bortolo Agnese Renzo Lucia Bortolo