– Ma tu, che avevi fatto?
– Senta, se volessi dire d'aver avuto giudizio, quel giorno in Milano, direi una bugia; ma cattive azioni non n'ho fatte punto.
– Te lo credo, e lo credevo anche prima.
– Ora dunque le potrò dir tutto.
– Aspetta, – disse il frate; e andato alcuni passi fuor della capanna, chiamò: – padre Vittore! – Dopo qualche momento, comparve un giovine cappuccino, al quale disse: – fatemi la carità, padre Vittore, di guardare anche per me, a questi nostri poverini, intanto ch'io me ne sto ritirato; e se alcuno però mi volesse, chiamatemi. Quel tale principalmente! se mai desse il più piccolo segno di tornare in sé, avvisatemi subito, per carità.
– Non dubitate, – rispose il giovine; e il vecchio, tornato verso Renzo, – entriamo qui, – gli disse. – Ma... – soggiunse subito, fermandosi, – tu mi pari ben rifinito: devi aver bisogno di mangiare.
– È vero, – disse Renzo: – ora che lei mi ci fa pensare, mi ricordo che sono ancora digiuno.
– Aspetta, – disse il frate; e, presa un'altra scodella, l'andò a empire alla caldaia: tornato, la diede, con un cucchiaio, a Renzo; lo fece sedere sur un saccone che gli serviva di letto; poi andò a una botte ch'era in un canto, e ne spillò un bicchier di vino, che mise sur un tavolino, davanti al suo convitato; riprese quindi la sua scodella, e si mise a sedere accanto a lui.
– Oh padre Cristoforo! – disse Renzo: – tocca a lei a far codeste cose? Ma già lei è sempre quel medesimo. La ringrazio proprio di cuore.
– Non ringraziar me, – disse il frate: – è roba de' poveri; ma anche tu sei un povero, in questo momento.
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