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      - Il mio intendente generale si rammarica di questa spesa.
      - Ma ne caveremo dei bravi soldati in un batter d'occhio, Generale. E, come saggio del loro progresso, il maggiore fece eseguire alcuni movimenti.
      Frattanto il Generale, volgendosi a me: - Questi poveri ragazzi, esclamò, non sanno leggere, né scrivere. Vorreste assumervi di fondare una scuola militare per essi?
      - Volentieri, Generale.
      - Sta bene, ne riparleremo dimani al padiglione.
      Io stesi, per sommi capi, un disegno d'Istituto militare, unico per tutta la Sicilia, gratuito e capace di tremila allievi, nello scopo di sottrarre, con una educazione virile, le giovani generazioni dell'isola all'ignoranza profonda, sistematicamente mantenuta dal governo borbonico. E l'indomani, verso il tramonto, andai al padiglione per sottoporlo al dittatore.
      Un ampio terrazzo, annesso alla reggia dei Normanni, forma l'ala sinistra di quel complesso multiforme d'edifizi che appellasi palazzo reale, all'estremità orientale di Palermo. In capo al terrazzo, isolato e superbo sorge un padiglione costrutto sovra la Porta Nuova. Lo abbelliscono due loggie; l'una all'ovest e infila via Toledo, l'altra all'oriente e le s'incurva dianzi l'emiciclo di Monreale, la conca d'oro dei poeti. Su due ordini concentrici di balaustri elevasi la cupola con figura di piramide tronca foderata di zinco, e sul vertice una lanterna, la cui punta vince la maggiore altezza del palazzo. L'interno componesi d'una sala ampia e di due stanzuccie oblunghe e disadorne. Era stanza da letto di Garibaldi quella che guarda Monreale, abitava la seconda il suo segretario privato.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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