Se non che il caporale, tenero della legge e dell'ordine, credette dover suo di mangiarsele.
Del resto, il maggiore Rodi era valente istruttore, e in piazza d'armi inesorabile e fulmineo. In un mese il suo battaglione manovrava come un corpo di veterani; e gli venne fatto di rendere mansuete quelle nature vulcaniche col fascino della bontà, che lampeggiava sul suo volto abbronzato a guisa di vene d'oro in quarzo.
Avvezzi alla libertà vagabonda, avidi del denaro, e beati a un tempo di darlo ai parenti bisognosi, i quali prudentemente aggiravansi a poca distanza per ritirarlo, appena distribuito, quei ragazzi trovavano insopportabile la clausura, insopportabile ancora più e ingiusta la perdita dei tre tarì. Ripensando che altri mille dei loro amici avevano la libertà e i tre tarì, studiavano la fuga.
L'edificio dell'Istituto ha figura di un vasto rettangolo che abbraccia il cortile. La cucina, il refettorio, i magazzini, la cancelleria, le scuole al primo piano, al secondo i dormitori. All'appello del mattino mancavano or otto, ora dieci alunni. Nottetempo, arrampicandosi sulle spalle l'uno dell'altro, sino alle elevate finestre delle sale, annodate coperte e lenzuola, senza badare al pericolo di fiaccarsi il collo, calavansi sulla strada e rimessi i cenci di casa correvano all'alba fra i compagni di piazza d'armi a ripigliarsi i tre tarì. Immediatamente raccolsi e chiusi nel monastero di San Polo quei mille, accelerando l'ordinamento del secondo battaglione. Tolta l'esca della paga, fu rimossa la causa della fuga.
| |
Rodi Istituto San Polo
|