Pagina (22/232)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      I desideri di Garibaldi erano comandi; ed io m'affrettai a San Polo col proponimento di soddisfare la sorella di Pilo. Ma i lavori spinti alacremente volgevano al termine. L'architetto mi dimostrò col nero sul bianco che a disfare e rifare come prima ci voleva il doppio dello speso.
      Il convento, ricinto d'altissime mura, giaceva immezzo ad una selva d'aranci, di cedri, d'ulivi, di fichi d'India, solcata da viali d'alberi di pepe e di sughero. V'erano giardini, e peschiere, e getti d'acqua. Non so quanto le mistiche spose di Gesù Cristo, coll'ali invescate della terrestre voluttà che spirava da quelle fragranze pericolose, da quegli ombrosi recessi, da que' studiati spettacoli d'una vegetazione intertropicale, potessero innalzarsi alla meditazione delle pene del purgatorio. Sotto quei boschetti, durante la fabbrica, serenava il secondo migliaio dei monelli che l'indomani dovevano diventare il secondo battaglione dell'Istituto.
      Il mattino del 18 luglio, banda in testa, i due battaglioni avviavansi alla piazza d'armi. Le ultime righe del secondo si componevano di fanciulli di sei in otto anni; piccola carabina alla spalla, berretta piegata sull'orecchio sinistro, cinturino sotto il mento, testa alta, aria fiera, passo ardito, marcia in linea di mezza compagnia, distanze mantenute, conversione in colonna, secondo i casi, come vecchi soldati. Un'onda di popolo erasi riversata sulle vie, e le madri popolane traevano in coda ai figliuoli guerrieri, spargendo lagrime e facendone spargere agli spettatori.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





Garibaldi San Polo Pilo India Gesù Cristo Istituto