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      Spedii immediatamente il sottotenente Perelli(3) ad avvertirne il comandante.
      Interrogatili sulle forze borboniche da Reggio a Scilla:
      - Quattordicimila uomini, disse il vecchio. E voi?
      - Il nostro nome è legione!
      Frattanto mi venne udita una vivissima moschetteria e poco dopo un colpo di cannone dal forte. Ordinato al cocchiere d'andarsene, augurai la buona notte ai viaggiatori, trattenendo le due guide.
      - Eccoci scoperti, pensai; l'impresa fallì; non ci avanza che di vendere cara la vita. Raccolti i miei, mossi verso il forte in linea obliqua per comunicare con il resto della colonna, che giudicai in grave pericolo, avendo alle spalle il mare, e per vigilare ad un tempo l'arrivo del battaglione nemico. A breve tratto di là rovesciai e dispersi una pattuglia borbonica alla baionetta, traendo due prigionieri. Un momento appresso mi fu segnalato un drappello di soldati all'alveo del fiume. Invertita la fronte e avvicinatici l'un l'altro: - Chi va là? - Calabria - Messina: nostra parola d'ordine. Il maggiore Missori e le guide.
      - Che c'è di nuovo?
      Ed egli: - Venuti per sorprendere fummo sorpresi.
      - Ed il resto della colonna?
      - Muove parallelamente alla montagna.
      - Ma come accadde che il nemico s'accorse di noi?
      - Il comandante non sapeva nemmeno ove giacesse il forte. I cacciatori Bonnet, i quali formavano la sinistra, spintisi fino alla cinta, s'imbatterono in una grossa pattuglia. Arrendetevi, disse l'ufficiale. La pattuglia rispose con una scarica a pochi passi. I nostri d'un balzo le si avventarono addosso e la ributtarono precipitosamente nel forte, malconcia e scemata.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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