Nella notte, egli fece, sparsa la novella in Reggia del vostro sbarco, il comitato segreto vi spedì sei mule cariche di viveri e mi mandò all'istante per ragguagliarvi che bande armate di Calabresi vi raggiungeranno. Il nemico ne sequestrò quattro. Ma, continuò quel pio per attenuare la dolorosa impressione patita dall'uditorio, si riparerà senza indugio alla perdita.
Il maggiore Missori ed io, invitato il nostro ospite a scendere di sella, ci appartammo seco lui per chiedergli particolareggiate informazioni sullo stato delle cose. Egli ci chiarì che il paese aspettava Garibaldi pronto e risoluto a secondarlo, che la costituzione borbonica ottenne accoglienze irrisorie, che ogni transazione colla famiglia regnante diventò oggimai impossibile, che del resto le truppe rimanevano fedeli, che si sarebbero battute sino agli estremi, malgrado le disfatte di Sicilia, che, oltre i diciotto battaglioni custodi alla marina, dieci guardavano il punto strategico di Mileto, donde facilmente avrebbero vietato l'ingresso nella seconda Calabria a forze tre volte superiori.
- La cura di ciò spetta a Garibaldi, osservò il maggiore. Sapete ch'ei conosce il segreto di vincere coi pochissimi i molti, e d'espugnare fortezze senza uopo di cannoni; come avant'ieri Milazzo.
Durante il colloquio, il cavaliero ed io ci guardavamo con curiosa indagine come chi fruga nella memoria un'idea smarrita, onde finalmente gli dissi:
- Mi pare di conoscervi.
- E a me voi.
- Io non venni mai in Calabria. Voi viaggiaste?
- Dopo undici anni di galera, nel cinquantanove viaggiai a spese di Ferdinando II verso l'America.
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