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      Pervenuti ad un poggio che domina il forte Torrecavallo, vedemmo schierato un battaglione intorno alla cinta, reduce dalla messa. Ci mostrammo sulla sommità a due tiri d'arco. L'inattesa apparizione di due camicie rosse alle spalle del forte provocò il segno dello all'armi. Il battaglione dopo varie manovre ci salutò a carabinate. Noi ci affacciammo successivamente da altri poggi, e mentre un'ala dei regii cercava di girarci, i rimasti ci saettavano alla bersagliera. Nel dubbio che i nostri, volteggiando fra quei colli studiassero un assalto, tutti i posti nemici, nella lunghezza di parecchie miglia, si atteggiarono a difesa. Intanto noi, ripetuta la via, sul tramonto smontammo ai nostri alloggiamenti. Abbandonato immediatamente monte Sant'Angelo, si mosse al nord-ovest d'Aspromonte, salendo sull'altipiano dei Forestali da cui spiccasi l'ultima cima di quell'immenso gruppo appenninico, tragicamente illustrato due anni più tardi, nell'istesso mese, dal generale Garibaldi. E vi giungemmo all'alba. Il quartier generale si stabilì in una casa nuova, non finita, deserta, detta dei Forestali. La casa giace dove l'altipiano finisce e principia l'erta pittoresca, deliziata da copiose sorgenti d'acqua freschissima e pura che serpeggiano in ruscelli perenni. Volgeva il quinto giorno. Né pettine aveva solcato i miei capelli, né acqua confortata la mia faccia, né l'unica camicia ottenuto il cambio nel suo ministero da più pulita compagna. Un paio dei guanti gialli che fin allora non cavai, solo oggetto di lusso, conservarono sufficientemente nitide le unghie e le mani.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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