- Noi, signor Plutino, replicò il maggiore, non contraemmo l'abitudine di numerare il nemico; i Mille di Marsala vinsero a Calatafimi, liberarono Palermo. Qui siamo devoti a morte, ma vogliamo morire degnamente. Se rifiutate di seguirci coi vostri, andremo soli; troppo sciolti e snelli del resto per non isfuggire ai tardi movimenti di truppe regolari.
I partigiani dei propositi più arditi, costituendo i tre quarti del Consiglio, votarono per Bagnara. Plutino, vuotato il sacco delle obbiezioni, concluse volgendosi a noi: - Quando vi ascolto e vi guardo, bravi giovanotti, io vi adoro, ma siete matti. Nondimeno starò con voi sino alla fine.
Partimmo a mezzanotte, e traversato l'altipiano si cominciò la discesa per luoghi quasi impraticabili e inusitati. La luna cortesemente illuminava la via, ma su quelle ripidissime chine sgretolate si andava più spesso a ruzzoloni che sui nostri piedi. Una risata ad ogni caduta mantenne la colonna nel miglior umore, e alleviò una marcia di dieci ore consecutive. Le squadre calabresi non risero mai, perché colle loro scarpe di cimossa reggevansi in gamba meglio di noi; ed anche perché la giovialità e l'allegria degli Italiani del nord contrastano notabilmente colla serietà mesta e contemplativa degli Italiani del sud.
Toccati i dorsi che dividono i versanti di Scilla da quelli di Bagnara, vi collocammo i trecento calabresi affidandoli a Francesco Curzio, l'uffiziale-poeta dello stato maggiore. Essi ci proteggevano il fianco sinistro.
Eravamo scesi già sino alla zona abitata.
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