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      La sera della espugnazione di Reggio, Garibaldi, siccome suole, coricossi alle otto e mezzo. In letto egli costumava leggere i giornali, fumare mezzo sigaro, e ciarlare confidenzialmente con alcuni amici suoi del quartier generale, che ritti gli facevano cerchio.
      Il generale Bixio, entrando vivacemente, avvertì il dittatore che il nemico ritiravasi lentamente verso Villa San Giovanni, e dimandò se dovevasi sorprenderlo. E Garibaldi, affisando con sembiante di compiacenza l'audacissimo fra' suoi luogotenenti, che gli favellava in vernacolo genovese sì caro ai suoi orecchi: - I nostri soldati hanno bisogno di riposo, e voi curatevi la ferita. Domani sorprenderemo il nemico.
      - Sto benissimo, replicò Bixio, col braccio sinistro al collo, colpito di palla al mattino.
      E Garibaldi sorridendo: - Le palle che feriscono voi, sembrano di pastafrolla!
      Poi dirigendosi al suo Basso fedele: - La carrozza per le cinque.
      - Scommetto che il generale, Bixio nell'andarsene bisbigliò a Basso, fa assegnamento di pigliarsi con una scarrozzata le due brigate borboniche.
      Garibaldi rifecesi brioso e ringiovanì come al padiglione della reggia di Palermo. Nella sua lunga missione di liberatore, quel giorno deve segnalarsi fra i più luminosi perché dei più decisivi.
      Calatafimi preluse a Palermo: Reggio a Napoli. Aggiungi che lo sbarco a Melito gli costò più pensieri dello sbarco a Marsala.
      Volgendo il discorso al marchese Trecchi suo aiutante, inviato e agente di Vittorio Emanuele, dissegli con qualche mestizia, ma senza amarezza: - Il vostro ammiraglio Persano aveva l'ordine di lasciarmi colare a picco.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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