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      Quivi Nullo mi susurrò in linguaggio bergamasco: - E senza la miseria d'un palischermo per salvare il marchese, amico di casa!
      Udillo il generale e rise; indi ripigliò: - Per passare lo stretto ci fu mestieri girare mezzo Mediterraneo da Messina a Caprera, a Palermo, alle acque di Malta, a Melito, e Persano con due fregate gustava da Messina la musica delle cannonate borboniche contro i nostri tapini vapori da trasporto.
      - L'ammiraglio ed i suoi padroni vollero tributarvi tutto il merito dell'impresa, generale, io soggiunsi ironicamente, sbirciando il marchese il quale, uomo senza fiele, e forse impensierito del bagno in cui l'avrebbero abbandonato gl'ingrati amici, si ritirò con noi facendo eco alle celie.
      Alle cinque Garibaldi chiamò Missori, promosso la vigilia a tenente colonnello: - Precederete colle guide la mia carrozza verso San Giovanni, non più d'un miglio.
      Permettete, generale, che vada anch'io colle guide? dimandai. Ed ottenni.
      Eravamo una ventina. Le guide a cavallo formavano a un dipresso la guardia del corpo; leggiadri ed eleganti giovani di famiglie distinte dell'Italia superiore, o patrizi, o proprietari, o studenti. La presenza di Garibaldi, che rende valenti i timidi, aveva esaltato il loro coraggio siffattamente che ne nacque tra essi una tacita gara d'audacie e di follie. Il generale in ogni occasione andava temperando quella foga e: - Non più d'un miglio dalla mia carozza (replicò al comandante Missori); segnalato il punto d'arrivo del nemico, datemene notizia.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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