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      Ond'io al maggiore Nullo:
      - Andiamo a vederla anche noi.
      - Vi attendo qui, fece Missori, perché di quattro miglia precorremmo già il generale.
      Nullo, il sottotenente Ergisto Bezzi, io, il sergente Quajotto di Mantova e due guide, a spron battuto muovemmo a satisfare la nostra curiosità. Alle prime case della lunga borgata di San Giovanni sovrapposta al forte la Punta del Pezzo, il conduttore della diligenza, trattenuto e interrogato da Nullo, ci assicurò essersi i borbonici di molta via dilungati. Egli favellava con voce dispettosa e ci guatava con occhio bieco.
      - No, no, costui v'inganna! affermarono in coro i paesani. Ed io a Nullo: - Arrestiamolo; ha il muso sinistro e probabilmente indosso carte nemiche.
      E m'apposi. Frugato, saltarono fuori lettere del generale borbonico ad agenti borbonici in Reggio, per ragguagli sulle forze e sulle mosse di Garibaldi.
      Allora i paesani uscirono nella seguente argomentazione:
      - Spia del nemico, dunque s'impicchi.
      Ma Nullo tagliò in due l'entimena dicendo:
      - La cura di ciò al dittatore; per adesso lo do in custodia della guardia nazionale.
      Noi proseguimmo il nostro galoppo. Gli abitanti, dalla strada e dalle finestre mirando le sei camicie rosse in tanta fretta sulle calcagna delle truppe regie, opinano si tratti d'oratori al nemico. Indi a poco, girato un gomito della strada, c'imbattiamo in un corpo di cinquanta soldati, su due file, l'arma al piede, al di qua di un ponte. Con impulso unanime ci avventiamo loro addosso a briglia sciolta vociando:


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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