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      Garibaldi conserverà i vostri gradi. Vi chiamò valorosi Garibaldi a Calatafimi, ma le vostre battaglie, combattute per un tiranno, sono ingloriose. Volete la gloria? combattete per la libertà d'Italia. Stracciate le insegne del vostro re, il quale vi disonora. Venite con noi, o arrendetevi. Viva l'Italia! Viva Garibaldi!
      La nostra franchezza, l'inusitato linguaggio, il caso nuovo di sentirsi arringati dai nemici, il nome di Garibaldi, l'arcano influsso dei tempi, la convinzione che i nostri li abbiano investiti, alcune o tutte insieme tali cause, producono l'effetto che numerosi viva l'Italia, viva Garibaldi scoppiano da quelle schiere, e molti soldati dipartendosi dalle file, vengono a baciarci le ginocchia, le mani, l'arcione.
      Gli ufficiali, dispostissimi a rimpolpettarci con quattro palle in petto, interdetti dallo inatteso entusiasmo dei gregari, tacciono con viso ostile. Ma avvedendosi che per poco andare la brigata ci stende la mano e si sfascia, raccolgonsi insieme in consiglio. - Succede un intervallo di silenzio e di aspettazione. Io antiveggo in quel silenzio il tentativo fallito e il nostro eccidio, riflettendo che i medesimi soldati si batterono accanitamente in Reggio venti ore prima. Un caporale veterano, appoggiato ad un colonnino dirimpetto alla sua squadra, e che io notai a far segni e strisce irose per terra col calcio del fucile, principia a discorrere della fedeltà militare, del giuramento e dell'onore. Sul volto di quei soldati che l'udivano manifestansi indizii d'esitazione e improvvise faville di nuovi e truci pensieri.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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