Alfiere sotto il re Murat, militai anch'io per l'indipendenza d'Italia sul Po. Ora la mia fede di soldato è legata a Francesco II, e non la romperò. Del resto, ammiro il vostro valore e m'è simpatica la causa che sostenete.
Ed io:
- Generale, onore a chi serba la data fede!
Ed egli, guardandomi con pupille accese:
- Parole saggie.
- Ma la fede al vostro re vi rende infedele alla patria e ci fa spargere sangue fraterno per mantenerla schiava. La prima fede all'Italia. Voi dovete ricomparire generale: sul Po nel 1860, ove foste alfiere nel 1815, contro lo stesso nemico. Ivi l'onore va in compagnia della gloria.
Nel mentre di questo mio sermone di morale politica, spuntava dal ponte una carrozzella di camicie rosse. Missori, non avendo più notizie di noi, venne ad attingerne. Gli abitanti del luogo raccontarongli l'evento, ed egli entrava in carrozza con Damiani, Zasio e Manci, sottotenenti delle guide, nel mezzo della brigata nemica ad alimentarvi il nostro apostolato.
La popolazione accorse in grande frequenza sul nostro passaggio esultando dell'insperata salvazione nostra, su cui stette lunga ora trepidante. Rivedendoci, col generale Briganti, ci coperse d'ovazioni e di applausi, con ciera smarrita, come di chi assiste al compimento d'un prodigio.
Garibaldi distava da noi quattro miglia, e il generale Briganti non sapendo capacitarsi di non incontrare un soldato nostro dopo due miglia:
- Dov'è dunque il dittatore? dimandò. Non trovasi così vicino come mi faceste supporre!
Nullo, colle fiamme alle guance, risentito dell'indiretta allusione alla slealtà, rispose con acerbo detto:
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