- L'hanno ucciso! l'hanno ucciso! Ah! gl'infami! ognuno gridò; e tutti, punti dall'istesso sdegno, si vibrarono sui piedi minacciosamente. E non si stimi lieve assunto l'averli frenati. Il fuoco indi principiò a rallentare, e grado grado tacque. Chiamati, il marchese ed io salimmo a Garibaldi.
- Andate a Melendez, egli comandò al marchese, intimate che consegnino le armi, e che se ne vadano a casa. Discese il nobile oratore, e a suono di trombetta entrò nella tenda del generale regio.
In questo mezzo la staffetta della vigilia ricomparve a narrare imminente l'arrivo della brigata Cosenz da Aspromonte.
- Movetele incontro, ingiunsemi Garibaldi, e schierate un reggimento sulla sommità del monte. Il secondo gli si accampi da tergo di riserva.
A un quarto d'ora di là sostava l'ambulanza generale proveniente da Reggio, e con essa rividi dopo venti giorni la moglie mia, la quale mi donò un paio di floride pesche. Assegnati i luoghi alla brigata, porsi a Garibaldi la più bella pesca del paio, che gli fu inaspettata, peregrina ed unica vivanda in quella giornata.
La brigata Cosenz, opportunamente venuta e stesa a foggia d'immenso festone sull'arco della montagna, completava la scena stupenda e conferiva a noi, per la prima ed ultima volta durante la campagna, una superiorità assoluta sui borbonici.
Il corpulento marchese, affannato dall'alpestre passeggiata, accompagnò al dittatore due uffiziali a parlamento, un capitano e un sottotenente.
Garibaldi sedeva a terra fumando, dopo mangiata la pesca, l'invariabile mezzo sigaro.
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