Lo interrogai quali fossero le ultime notizie d'Ischia.
Ed egli: - Quelle portate dianzi dal sindaco.
- Mandaste esploratori?
- Mandai un esploratore, il quale non tornerà prima delle undici.
- Nessun abitante dell'isola si mostrò in Pozzuoli?
- Il sindaco.
- La guardia nazionale è armata?
- Un battaglione di cinquecentosei uomini.
- In quanto tempo può raccogliersi?
- Sta schierato vicino al porto per far onore al rappresentante di Garibaldi.
- Sarebbe disposto a marciare?
- Una buona metà.
La consegna d'un dispaccio da Baia troncò il dialogo fra il governatore e me. Nel forte di Baia esisteva il massimo deposito di polveri dello Stato; artiglieri e fucilieri borbonici lo custodivano. Alle intimazioni di resa risposero temporeggiando; uno di loro nativo di Baia, disertore, narrò aspettarsi dal presidio nella notte tre legni borbonici per caricarvi le polveri e trasportarle a Gaeta, e giudicò possibile dal canto nostro un assalto improvviso sulla fiducia del presidio nelle trattative.
Provvidi che nella notte trecento della guardia di Pozzuoli insieme ai militi di Baia circuissero il forte, ne impedissero l'uscita o l'entrata, intimassero la resa alla dimane e all'uopo procedessero all'assalto. Assegnai ai rimanenti del battaglione l'officio di riserva in Pozzuoli, raccomandai al governatore di vigilare e trasmisi un telegramma a Garibaldi. Passato in rassegna il battaglione e tenutagli una breve concione marziale, il sindaco che avevalo covato con gli occhi, chiesemi flebilmente: - E per Ischia?
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