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      Si dovette adunque scendere alla marina per le vie principali.
      Sul punto di partire fui intrattenuto dalla visita di uffiziali borbonici; un maggiore, un capitano e tre luogotenenti. Il maggiore, vecchio e calvo; e veruno degli altri giovine; tutti in gran tenuta: calzoni rossi, tunica azzurra, due bottoniere a curve convergenti dalla punta delle spalle alla cintura; spallini alla francese, di filo d'argento; una placca dorata con la corona borbonica in rilievo, davanti al collaretto dell'abito, e un alto schakò in mano. - Io sono il comandante della rôcca di Procida, questi i miei uffiziali, principiò il maggiore: ci recammo qui per prestare omaggio al plenipotenziario di Garibaldi.
      Quindi si avvicinarono per baciarmi le mani. Io le ritrassi dispettosamente dicendo:
      - Non sono un padre abate! E il maggiore:
      - Eccellenza, noi teniamo moglie e piccirilli; battuto Francesco II, ci accostammo al governo nazionale. Ignoriamo qual sorte ne si riserbi, e ci raccomandiamo a vostra eccellenza.
      Durante gli ingenui detti del maggiore, i suoi commilitoni con patetiche e supplichevoli fisonomie, con le mane, alte un metro da terra, indicavano i piccirilli.
      Quadro di riso e di pietà.
      Ed io stringendomi nelle spalle:
      - Veramente non saprei ...
      Tutti ad un tratto, collo torto e languidi occhi, interrompendomi:
      - Una parolina di vostra eccellenza!? ...
      - Fate, ripigliai interrompendoli alla mia volta, atto formale d'adesione al nuovo stato, e per decreto del dittatore in data di Salerno il vostro grado verrà riconosciuto, previa l'osservanza di altro decreto in data di Palermo, che vieta di baciare la mano.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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