Ringraziai e rifiutai quanto più gentilmente mi riescì fatto. Vane ripulse, perché più di venti carrozze aspettavano sul piazzale. Si partì alfine per Napoli. Ogni carrozza riboccava di signori, di uffiziali e di sott'uffiziali della guardia nazionale, e ben cinquanta torce a vento rischiaravano la strada con una lunga e rosseggiante striscia di luce e di fumo. Alle ore dieci si sboccò dalla grotta di Posillipo. Un sudor freddo piovevami dalle tempia all'idea di smontare al palazzo d'Angri con un seguito mostruoso che somigliava a una mascherata di carnovale. Garibaldi sarebbesi annoiato, e i miei amici del quartiere generale non m'avrebbero più lasciato in pace per simile trionfo alla romana dopo tanti eserciti debellati e tanti popoli soggiogati! Giunto davanti alla mia porta di casa in Santa Lucia, scesi con la moglie; tutti scesero.
- Vi ringrazio della compagnia, dissi; sto qui di casa; felice notte!
CAP. V
I SANNITI MODERNI
Per una porticina del primo cortile a sinistra del palazzo reale di Caserta si sale a quei mezzanini le cui finestre prospettano la piazza, da un lato, e, dall'altro, una selvetta odorosa del gran parco. Dodici stanze disposte ad angolo retto compongono l'appartamento; bislunghe, basse, poveramente mobiliate. Ivi il dittatore, sulla fine di settembre, trasportò il quartiere generale. Ad un manipolo di lancieri a piedi n'era affidata la guardia: cappellino piatto con falde rovesciate e parallele al giro della callotta: camicia rossa, brache cenerine, e una lunga asta con picca.
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