Null'altro. Garibaldi aveva ideato d'ordinare una legione di codesti astati, per avventarla, in date occasioni, contro i reggimenti nemici e infilzarli. Ma il manipolo apparve poco seducente e rimase manipolo.
La sala d'aspetto frapponevasi alla camera del dittatore e alle camere degli aiutanti. Nella prima di queste, la sera, ritornati dal campo, convenivano in parecchi a colloqui geniali, a ciarle e a dispute politiche. Parte del quartiere generale professava opinioni democratiche, una parte seguiva le dottrine del conte Cavour, e altri, particolarmente addetti ai servigi privati di Garibaldi, non s'affannavano gran che fra le due tendenze, e stavansene paghi di ripetere le opinioni e i detti di lui. Al comando del quartiere generale venne assunto da qualche settimana il colonnello Paggi. Il Paggi, buon soldato, ardente fautore della Casa di Savoia e della libertà ristretta, mostravasi appassionato delle discussioni politiche, e capitava spesso nel nostro circolo per conquiderci e costringerci ad abbracciare la sua fede. Uomo complesso e rubizzo, parlava in chiave di soprano con trafitture di acuti e striduli suoni, e aiutavasi nella tempestosa eloquenza d'una gesticolazione a larghe ruote; afferrava per un braccio l'interlocutore, forzandolo così all'attenzione, e, accennando addirittura di no col capo, interrompevalo; e gli pigliava una mano e tenendogliela abbassata proseguiva nel suo dire, senza dar tempo all'obbiezione o senza prestarvi orecchio. Le sue idee scattavano nella loro nativa e agreste origine, non alterate dalla lettura né lambiccate dalla meditazione.
| |
Cavour Garibaldi Paggi Paggi Casa Savoia
|