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      Nella battaglia campale e decisiva del 1° e del 2 ottobre li abbiamo battuti e fiaccati irreparabilmente; ne facemmo cinquemila prigionieri, e li riducemmo all'impotenza di assaltarci. Ma che per ciò? Cinquantamila armeggiano là tuttavia, sufficienti, se noi lontani, a ripigliare il perduto. Andremo a Roma, non mancherà tempo. Impossibile adesso.
      - Giustissimo. Forse, appena giunti a Napoli, quando l'Europa stupefatta pareva dubitasse se voi foste uomo o nume ...
      - Ma vi giungemmo soli. Di molte tappe a noi s'addietrava l'esercito, e contro i soldati di Bonaparte bisogna la ragione della baionetta.
      - V'ha un mezzo, generale, se non m'inganno. E quivi egli fece un segno d'attenzione con un tantino d'ironia sulle labbra e dentro gli occhi. Si afferma che procedenti dalle Marche ci visitino i Piemontesi. Lasciandoli alla cura dei cinquantamila borbonici, non potremmo noi frattanto in ventimila irrompere per altra via su Roma?
      - I Piemontesi vi si opporrebbero; donde la necessità di aprirci il passo coll'armi. La guerra civile... no!
      - Se stesse a me, generale, non andrei a Roma, né vorrei i Piemontesi a Napoli.
      - Che cosa fareste? Sentiamo anche questa.
      Mi chiuderei nelle Due Sicilie finché vi avessi organizzata la libertà e un grand'esercito di patrioti. Poscia direi ai Piemontesi: "Fratelli cari, dobbiamo emancipare Roma e Venezia; sia gara fra noi di chi fa meglio. Indi il plebiscito".
      - So che vorreste la repubblica. Io sono repubblicano come voi; ma la mia repubblica consiste nella volontà della maggioranza.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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