- Voi, eletto dittatore, rappresentate quella volontà. Io, del resto, m'appello al plebiscito, ma a stranieri cacciati. Bramerei collocata l'urna sui trofei della vittoria.
- Se vedete Mazzini, conchiuse il generale ponendo termine al colloquio, riferitegli la mia risposta.
Rientrato nella sala degli aiutanti:
- Te vegnet no an te a bagulàa? mi disse Nullo sorridendo, disteso sovra il letto, fumando un sigaro, ascoltando e tacendo come soleva. Paggi aveva la parola. Gli altri uffiziali sedevano intorno al letto di Missori, che serviva di palestra.
- Un momento, caro Paggi, così Missori troncando la facondia del colonnello. Mario potrà ragguagliarci quanti dell'esercito settentrionale caddero nella campagna delle Marche.
- Seicento fra morti e feriti in tutta la campagna, io risposi; la metà di meno di quanti ne perdemmo noi in una sola battaglia, il 1° ottobre.
- Seicento? cifra di partito! gridò il Paggi.
- Cifra pubblicata nella Gazzetta uffiziale di Torino, dal generale Fanti, comandante della spedizione.
Ed egli di rimando:
- Aborro le bugie, perciò non leggo gazzette.
- Né libri, per non perdere l'originalità, susurrò fra parentesi il capitano Zasio.
- Ben detto, colonnello. Ora allungate gli orecchi, e ascoltatene una che le vale tutte in mazzo. - Tirai di tasca la Perseveranza e continuai: - Ecco un giornale dei vostri, e narra che la nostra vittoria del 1° ottobre devesi agli artiglieri e ai bersaglieri piemontesi.
- I bersaglieri non li vidi, ma una ventina di artiglieri ci si trovava.
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