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      Noi passavamo. - Garibaldi! Garibaldi! taluno già desto gridò.
      Più ratto che non succeda al rullo mattutino del tamburo, quel nome fece assorgere i dormienti che s'assieparono, traballando, sul ciglio dello stradone per riguardare le adorate sembianze dell'eroe, per augurargli il buon giorno, per susurrargli una parola d'amore.
      La vaporiera ci trasse a Santa Maria, quindi la carrozza a Sant'Angelo, e a piedi facemmo l'erta fino alla sommità; pellegrinaggio di ciascun giorno. Il fianco meridionale del monte famoso è aspro per materie rocciose, vedovo d'erbe e d'alberi, tranne poche betulle, meno rare verso la cima; all'est, una profonda fessura lo discerne da altro monte, in fondo alla quale su due piani stavano in batteria quattro cannoni nostri di grosso calibro; al nord, esso scoscende al Volturno, e all'ovest protendesi in costa ardua lunga e intercisa di creste a similitudine di muraglia merlata. Dalla sommità si scuopre l'opima valle del Volturno, il quale, serpeggiando a vista d'occhio dall'oriente al tramonto fra ripe incassate, sembra un'interminabile striscia d'argento colato e fluente; le montagne sino a Sant'Angelo e Caiazzo lo accompagnano parallele nel suo viaggio, quindi divergono, ed esso, abbracciata Capua con figura parabolica, si devolve al mare, fecondando d'irrigue acque ed abbellendo la pianura di Terra di Lavoro.
      Dal vertice di Sant'Angelo, Garibaldi, con assiduo pensiero, vigilava i movimenti del nemico e meditava il passaggio del fiume per irrompere fra Capua e Gaeta, dividere l'esercito borbonico e, dimezzato, conquiderlo oggi sul Volturno, la dimane sul Garigliano.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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