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      - Scendete, fecemi, ai nostri pezzi di grosso calibro, e tirate a palla su quelle squadre.
      Scesi, e i quattro cannoni imperversarono indefessi per oltre un'ora; indi risalii. Nell'ascesa incontrai mia moglie, annunziatrice d'una lauta colazione provveduta dal generale Medici, che il mattino ci accompagnò sul monte. Ragguagliò ella Garibaldi intorno allo stato dei nostri feriti prigionieri in Capua, visitati dianzi da lei.
      - Or bene, generale, gli chiesi, quale fu l'effetto delle cannonate?
      Ed egli, col gaudio entro gli occhi:
      - Quei signori spulezzarono.
      Sotto Capua erasi acceso un combattimento fierissimo d'avamposti, al quale via via partecipò la brigata Simonetta. Le artiglierie dei poligoni estremi della fortezza traevano con fuochi incrociati. Ora al fumo delle moschettate succedeva il rutilar delle baionette vibrate, ora un manipolo di cavalieri assai lenti retrocedeva sperperato e più che di passo; ora per gruppi o per masse o alla cacciatora comparivano sullo spianato dai ripari della fortezza i borbonici, ora dal contrapposto emiciclo di alberi le camicie rosse. Lunga vicenda di assalti e di ritirate da entrambe le parti. Noi si godeva il torneo dal nostro luogo eminente, onde Garibaldi impartiva ordini e affrettava aiutanti. I nostri, ricacciati, ripararonsi dietro gli alberi, e i regi rinforzarono i riguadagnati luoghi; la scaramuccia di prima, diventata più seria, stava per volgersi in battaglia. Quando di repente le camicie rosse, surte ferocissime alla riscossa, costrinsero i nemici a precipitarsi verso i bastioni.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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