Il Paggi suggerì di aggiungervi il maggiore Caldesi, e vi fu aggiunto. Dovevano partire dodici guide a cavallo agli ordini del sottotenente Bettoni e due battaglioni di volontari del Maltese e di Sicilia.
In questo mezzo, da noi, nella stanza usuale, si compilava fantasie sull'imminente assalto di Capua; quando, faccia radiante e portamento relativamente leggiadro, entrò il Paggi messaggiero della spedizione d'Isernia. Corda di violini che si spezzi nella soavità d'un motivo, urta men dolorosamente l'orecchio che quell'annunzio gli animi nostri, fra i castelli di Spagna che andavamo costruendo. Capua, ricinta ed espugnata, e noi sui dorsi selvaggi dell'Appennino, dando la caccia a qualche villano infellonito! Ma assai più ne nuoceva la separazione da Garibaldi. Questa spina acuta per noi, era rosa profumata per il Paggi, il quale fregavasi le mani di veder tolte anche per poca ora quattro teste calde al contatto del generale.
Caldesi, seduto in un angolo della stanza a lato di Mingon:
- Rassegnatevi, ragazzi, disse con affettuosa e persuasiva favella; tant'è! Avrete tempo per Capua al vostro ritorno; ve l'assicuro io.
- Bravo Caldesi, ripigliò il Paggi; assennati consigli! Il generale acconsentì alla mia proposta che voi pure partiate con essi.
Caldesi rizzossi attonito dalla sedia, indi vi ricadde irrigidito, e girando gli afflitti occhi al fedele Acate, gorgogliò:
- Ciù, Mingon!
E Mingon, in dialetto romagnuolo:
- Boia de Signor!
L'ineffabile ilarità suscitata da questo quadro imbalsamò la ferita apertaci dal Paggi, e nella gioconda compagnia di Caldesi subitamente si presagirono meno amari i giorni della spedizione.
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