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      Il teatro era illuminato a giorno in onor nostro, ed ella vi comparve in tutto il fulgore della sua bellezza. L'ampio volume dei capelli, fisso posteriormente da pettine d'oro a mezzaluna, scendevale spartito in doppia onda di ricci sul colmo e agitato seno. La profusa luce di cento lampade dava alla sua faccia, pallida per l'emozione di que' due giorni, una trasparenza e un tono di sì squisita delicatezza che solamente il pennello del Correggio avrebbe saputo colorire.
      Alla sinfonia dell'opera precedette l'inno di Garibaldi, nuovo allora e miracoloso, che cantarono i virtuosi sul proscenio. Dalla elettrizzata folla eruppe un turbine d'applausi, e in quell'istante di universale esaltamento, gli occhi dei due innamorati si confusero in uno sguardo appassionato e decisivo. Dopo lo spettacolo, riconducendo alla carrozza l'angelica donna, l'uffiziale osò premere leggermente col suo braccio il braccio di lei, e parvegli che ella non isdegnasse la tacita dichiarazione. Ignoro se fosse il primo amore di Zasio; era certamente il primo di Silvia.
      Indarno la notte, l'inebriato capitano provò di addormentarsi; riaccesa la candela, indarno tentò la lettura dell'ultimo Politecnico che trovò sul tavolo; l'immagine di Silvia rifletteasigli dominatrice nel pensiero. Parendogli poca l'aria respirabile nella camera, si rivestì, aperse la porta che metteva in giardino, e uscì. Ma nemmeno la notturna brezza consentiva al suo petto traboccante di felicità il libero respiro. Egli esalava la piena degli affetti in caldissimi sospiri; spiava ne' cieli l'accarezzata forma, con le mani giunte mandavale baci lassù, e obliandosi esclamò quasi con un singulto: - Divina Silvia!


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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