Silvia non veduta, vide e udì. Abitava la camera superiore e, da più lunga ora, di dietro allo sportello della persiana invocava essa pure dal pio raggio delle stelle quiete al suo cuore commosso.
Il giorno susseguente ci ponemmo in viaggio per Boiano. Il capitano tesoreggiò il minuto in cui ella passeggiava soletta tra le aiuole del giardino, le si accostò peritoso, e le disse con voce tremante e con aspetto smarrito:
- Partiamo; forse non ci vedremo più; una palla potrebbe...
A questa frase s'accorse d'una lagrima sul ciglio di lei e tacque.
- Dunque, addio, Silvia, ripigliò l'agitato giovine.
Silvia, stesegli la mano, quel giorno senza guanti! Egli la strinse palpitando, e come uscito di se stesso:
- Silvia, ti amo, balbettò; e fuggì.
Al nostro arrivo in Boiano, Nullo, che immaginò accampati sulla piazza i tremila volontari, scorgendo la piazza ignuda, non frenò la sua ira contro il signor Pallotta.
Saranno in caserma, fece burlando il Caldesi.
Dove sono le genti promesse? chiese Nullo ingrecato al gentiluomo con una ciera che diceva: - Accònciati dell'anima!
- Signor colonnello, mancarono al convegno.
- Avete spedito esploratori?
- Non ne ho trovati.
- Di quanti militi della guardia nazionale pronti a marciare disponete?
- D'una ventina.
Ed io che conoscevo il lato debole del compare, mettendomi nel discorso, soggiunsi:
- Li guiderete voi.
- Vi pare decoroso per un maggiore, guidare venti uomini!
L'ingenua risposta ci restituì il buon umore, e pigliammo l'uomo e le cose dal loro verso, sostituendo l'epigramma e la celia all'invettiva e alla collera.
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