Salendo con crescente sospetto, in prossimità delle prime case di Pettorano arrestai un contadino che discendeva, e impugnata la rivoltella gli domandai:
- Vieni da Pettorano?
- Sissignore.
- Vi sono gli uffiziali garibaldini, quei della camicia rossa?
- No.
- Come no? Dimmi il vero o ti buco la testa con due palle.
- Signore! ci sono i gendarmi e i soldati di re Francesco che mangiano e bevono in allegrezza.
- Ma gli uffiziali e la truppa garibaldina?
- Circondati e vinti dai soldati e dai paesani, un'ora innanzi sera i cavalieri tentarono ritirarsi per la consolare, e i fanti per i monti sulla direzione di Boiano.
Sbalordito da questo annunzio fulmineo, stetti alquanto sospeso e mi lampeggiarono alla mente in riprova gli ordini indarno aspettati, i colpi di moschetto di Pettorano, i carri di provvigione e il drappello tagliati fuori, il silenzio, i feriti senza soccorso, l'osteria abbandonata. Poscia ripigliai:
- I cafoni, dove si diressero?
- Si accamparono sulle alture che dominano la consolare da qui a Castelpetroso.
- Sono in gran numero?
- Non saprei quanti con precisione, ma certo da due a tremila.
- Tu m'inganni ed io t'ucciderò. Dissi e montai il cane della rivoltella; indi soggiunsi:
- Precedimi a Pettorano. Mossi il cavallo; e il contadino a me:
- Arrestatevi, signore; v'assicuro che là trovate i gendarmi, e v'incamminate alla morte. Se volessi ingannarvi, vi direi - andiamo.
- Ebbene, va a verificare di nuovo, io t'attenderò ai piedi della salita; giurami sull'ostia sacra che ritornerai e mi riferirai la verità; io ti regalerò due piastre.
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