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      Allora la scorata retroguardia rifugiossi al monte, ripromettendosi la compagnia degli accampati in Carpinone. Nullo, il maggiore Caldesi e sette guide, rimasti deserti, spronarono i cavalli nella folla dei nemici, e mercè di quell'impeto, di minacciose grida, di sciabolate e di colpi di rivoltelle passarono oltre, ma poco più in là urtarono nella moltitudine dei cafoni, e se ne ignora la sorte. Pietro, impedito di seguirli, dovette cacciarsi col cavallo alla montagna, e fra balze e greppi penosamente si trascinò là ove lo rividi. Se non che, la terribilità della situazione non era la morte, giudicata inevitabile, sibbene il modo della morte. Quegli spietati non accordavano quartiere, e i caduti nelle loro mani, o feriti, o sani, lentamente uccidevano.
      Durante l'esposizione della lacrimevole istoria, io meco stesso andavo indagando le cause del disastro, e parevami che Nullo, scambiato il temporeggiamento col tempo perso, errasse scostandosi dalla posizione gagliarda di Castelpetroso, prima d'avere munite le spalle e addestrata al fuoco la schiera novizia; e poscia, anteposto all'utile coraggio la temerità perniciosa, errasse dipartendosi, per avventarsi col suo stato maggiore sul nemico, dal battaglione di Pettorano. Lui presente e i suoi, la pendice non sarebbe stata perduta, né Pettorano presa senza combattimento, e, in ogni ipotesi, egli avrebbe potuto colorire il disegno d'invertire l'ordine della guerra trasferendosi, con movimento obliquo, sulla consolare di Castel di Sangro, mentre le maggiori forze nemiche adunavansi su quella di Boiano.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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