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      Passeggiando sul mezzodì verso il Tiferno, mi occupava molto pensiero di Silvia. - E s'ei fosse morto, io mi chiedeva, che avverrà di lei? come celarglielo? Mi figuravo la bellissima donna, desolata, impazzita; mi sentivo pieno il cuore di compassione e di malinconia. - Fin da iersera ella sa certo del nostro disastro, e il maggiore avrà pure dovuto in un modo o nell'altro confessarle d'ignorare il destino di lui. - Ma le dimande, le risposte, le supposizioni, la pietà, ond'ero agitato, sospese il trotto d'un cavallo sul ponte. Ravvisai immantinente il giovine capitano.
      Serratiglisi intorno cinquanta uomini delle due compagnie, ond'egli campeggiava in Carpinone, le quali nella súbita invasione dei cafoni alla schiena si sparpagliarono, Zasio tentò con vano impeto la calata sull'osteria nel momento della mischia.
      Riguadagnata la vetta e travagliato dai nemici postati in luoghi inaccessibili, destreggiassi, con avvedute e ardite evoluzioni e con felici scaramuccie, la notte e il mattino fra boscaglie e valloni e rupi, conducendo due terzi della brava coorte alla stanza sicura di Cantalupo.
      Alle due Nullo rassegnò la riaccozzata colonna sulla piazza di Boiano. Duecento uomini muti all'appello, e sei dei quattordici distaccati dal quartiere generale del dittatore. Il giorno successivo ripartimmo per Campobasso.
      In casa dell'ospite X..., a cena, spiegando la salvietta, ciascheduno di noi vi trovò entro un pugnale di finissimo acciaio con la scritta all'acqua forte, vendetta. Era lavoro d'una fabbrica d'armi bianche di Campobasso giustamente famosa nelle Sicilie, ignorata altrove, e dono simbolico di Silvia, presente e malata.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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