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      I vincitori di Maddaloni. Scese il generale ad ascoltare la relazione delle geste della valorosa divisione nella battaglia decisiva del 1° ottobre. Garibaldi e il suo quartier generale, Bixio e i suoi uffiziali superiori, componevano uno splendido gruppo sulla fronte della divisione, che distesa per battaglioni non occupava tutto l'immenso cortile.
      A me fu commesso di leggere la relazione. Lessi a tutta gola io, ma la povera voce non oltrepassando le prime schiere, Vincenzo Cattabene, di più robusto polmone, mi surrogò. La materia discorsa in quel fascicolo c'interessava poco, trattandosi delle abituali prove di coraggio segnalate e lodate; ma allorquando voltata la pagina ci venne udito il nome di cinque uffiziali, infamati per viltà, rimanemmo inaspettatamente colpiti da doloroso stupore. Garibaldi comandò che i tre presenti dei cinque escissero dalle file e si presentassero al cospetto di lui e della divisione. A me pareva, anzi in quel punto lo sperai, che i raggi di tante migliaia d'occhi, conversi su quegli sciagurati, avrebberli come folgore inceneriti prima d'arrivarvi. Al loro mostrarsi, il tremito delle ginocchia e i battiti spessi e forti del cuore mi obbligarono di puntellarmi alla sciabola. Avvenimento nuovo per me e tremendo! L'età giovanile dei colpevoli, il sentimento della umana debolezza, l'idea che un súbito turbamento può sorprendere anche l'uomo di saldo petto, l'apparato solenne della punizione, la fisonomia e l'atteggiamento d'inflessibile severità di Garibaldi, destarono nell'animo mio un affetto prepotente di pietà. Sentirsi dire da Garibaldi "siete un vile", appariva agli occhi miei morte peggiore d'ogni morte.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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