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      - Conosco il terreno, rispose con arroganza; e proseguì a traverso i campi. Io raggiunsi Eber; e si attese fino all'aurora, coll'arma al piede, il transito della divisione Bixio. Persuaso al sonno dalla stanchezza e dalle cadenti stelle, io dormivo sulla cavezza stando in arcione, e avrei dato un Perù per due metri di superficie terrestre ove distendermi. A intervalli fissi, sul punto di addormentarmi e di precipitare di sella, mi riscotevo per riaddormentarmi e riscotermi da capo. Mi accadde in quella guerra d'essere arso dal sole, irrigidito dalla luna, afflitto dall'appetito, estenuato dalle marcie, ma imparai che il crudelissimo dei mali è il male del sonno. Finalmente, non ridestandomi in tempo, stramazzai, e la salutifera botta mi svegliò. Scossa la polvere e fregati gli occhi, rimettevo il piede nella staffa, allorché capitò mia moglie che accompagnava una barella.
      - Un ferito!
      - Il colonnello Paggi.
      - Il colonnello Paggi!?
      Spuntava il giorno, e ho potuto discernere un mucchio d'ossa e di carne, e cento lacerazioni sul viso scolorato e semivivo del colonnello. Pieno di ineffabile compassione e contristato dal rimorso d'essergli stato molesto in vita:
      - Ma come? ripigliai con ansia.
      - Oltrepassando il campo laggiù, precipitò entro una via incassata e tolta alla vista dagli spineti che le crescono ai margini. C'è poca speranza di salvarlo, e tutta la certezza ch'ei non ridiventi mai l'uomo di prima.
      - Cattivo augurio pel passaggio, tanto tempo meditato, del fiume! Non vorrei che l'esercito meridionale precipitasse a sua volta in una via incassata.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





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