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      Per verità a me anima viva non mi favellò di ponte, e ignoravo anche se il corpo del genio garibaldino avesse confidenza coi ponti. Bisognava rispondere: - Non lo so - e rimanere scornato, o indovinare dove ei fosse. E se fosse stato altrove? Nel duro bivio mi soccorse il mio maestro Bacone con un ragionamento induttivo: si valica il fiume, dunque c'è il ponte. Di costà non v'ha ombra di nemico, di qua non si scorge un soldato, dunque il ponte è vicino. In tre battute di polso succedutisi l'affanno, il ragionamento, la risoluzione, risposi: - Il ponte è là. E indicai col dito. Dopo l'affermazione baconiana passarono per me dieci minuti crudeli. Alla perfine ci vennero veduti e fiume e ponte: respirai!
      Il ponte ideato dal colonnello francese Bordone costrussero mani inglesi della legione. Compaginato con barche d'ineguale altezza, strette insieme da funi, presentava un piano ondulato, e le tavole, mal connesse e mal chiodate, vacillavano sotto le zampe dei cavalli e sotto il piede dei fanti. Largo quattro piedi, faceva mestieri tragittarlo a uno a uno; pareva che ogni onda scorrente dovesse trarne seco un brano; così forte esso crepitava e gemeva! e non istette guari che un paio di barche furono rapite. Il ponte reclinò il capo nel fiume, e tutta la scienza meccanica del nostro affaccendato Bordone non valse a risollevarnelo. Quel magro, lungo e paralitico ponte provocò l'ilarità prolungata dell'esercito meridionale.
      Valicato il fiume e compiuto l'ufficio mio presso il brigadiere Eber, m'affrettai al generale che antecedeva di qualche miglio.


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La camicia rossa
di Alberto Mario
pagine 232

   





Bacone Bordone Bordone Eber