Giorno di malo augurio anche per gli spregiudicati.
- Se i polli non vogliono mangiare, vorranno bere, fece il console Appio Pulcro; e fattili gettare in mare appiccò battaglia coi Cartaginesi e la perdette. Vedi, mio caro (dirigevo le parole al maggiore Caldesi che ascoltava, sogghignando, il fattarello analogo), Tito Livio e Machiavelli disapprovano severamente il console. E se noi non diamo retta a questi segni augurali riducendoci ai nostri accampamenti d'oltre Volturno, se vogliamo che i polli bevano, perderemo la battaglia contro il re sardo.
- Contro il Borbone, tu vuoi dire!
- No, no, contro il sardo, il quale venne qui per fare la guerra a noi.
- Con le armi?
- Con le armi politiche e anche con le belliche, se fia d'uopo. Noi ora andiamo a firmare l'atto d'abdicazione, ed è troppo presto per la libertà d'Italia: forse andiamo incontro all'umiliazione, ed è troppo grave per l'avvenire della democrazia italiana.
- Oggi sei pieno di ubbie e di melanconie; devi avere dormito male questa notte!
- È vero; m'addormentai in sella e mi svegliai boccone nella polvere.
- Altro segno infausto! proruppe con ironico sospiro il Caldesi.
- Che simboleggia la presente rivoluzione.
Noi si costeggiava una catena di monti in linea perpendicolare al fiume verso l'ovest, e sulla nostra mancina protendevasi la pianura soggetta ai baluardi di Capua, presupposto teatro della lotta finale.
Garibaldi mi comandò di salire in cima di quei monti e di riconoscere se nelle valli a destra apparisse indizio di nemici.
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