A TEGUGLIELMINA WALTER
QUESTE MEDITAZIONI E QUESTI PALPITIA TE
CHE L'INDEFINITO DELLA MELODIA
MI CONFIGURI
Prologo.
Ove muove questa folla la quale si urta per le vie e fa capannelle? V'ha chi s'incammina difilato alle cure del suo carico, e chi incede a zonzo per uccider la mattana; chi studia il passo per soccorrere un fratello, e chi lo rallenta ruminando egoistici disegni; chi serve e chi impera; altri contemplando le bellezze della Natura riposa la mente affaticata, ed altri si tempra a nuove imprese; quale porta sul volto il fastidio della gioja, e quale l'orgogliosa voluttà del dolore; quegli, miserabile, è gonfio del suo cocchio e de' suoi ciondoli, questi, ricco, superbisce de' suoi logori panni; a dritta una brigata di spensierati sciupa l'eredità degli avi, a manca un pallido artigiano trascina il corpo per guadagnar pane da sostenere i suoi figliuoli; qui un crocchio discorre di Arte, e là a dirimpetto un altro di Borsa; da un canto parla alto la vanità dello stemma, dall'altro umile il tesoro della Virtù. Lontan lontano approda una nave da cui veggonsi vomitare diverse maniere di stoffe, e lunghesso il lido sghignazza il mercatante lieto de' suoi trionfi; qui vicino, in un misero ed oscuro chiassuolo, erra una donna vestita di nere gramaglie, circondata di scarni figliuoli, la quale nasconde sotto uno spesso velo la vergogna della miseria. Alza la fronte, o donna, il tuo consorte morì nelle battaglie onorato, e di se vergogni la Società che ti lascia languire negli stenti!
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