L'ascoltatore dice che cantò la scena finale di Armida con espressione sì grande ch'egli si commosse sino al fondo del cuore, ma che eziandio in questo luogo l'Artista si allontanò d'assai dalla Musica originale, senza che però i suoi cangiamenti uscisser fuori da' dati del teatro del Gluck. I suoi canti riproducevano fortemente l'odio, l'amore, la disperazione e la rabbia; la sua voce era giovanile e flessibile, in forma che l'ascoltante tremava tutto ed era fuori di se(1).
Che cosa è questo libro bianco? E per qual ragione l'Artista volendo eseguire la sua Opera non resta fedele alle proprie idee? Questo racconto dell'Hoffmann è forse scritto in un momento di ebbrezza e ripieno di un matto umorismo? Io non lo penso, anzi parmi che un concetto profondissimo si nasconda sotto la veste umoristica. Alziamo il velo e facciamo di scoprire il segreto.
L'Artista grande e vero, nel cui seno palpita un'Idea indefinita, come prima ha informato il suo concetto, ch'egli è scontento del limite imposto. Né il suo sfastidio si volge soltanto alla forma, come si tiene ordinariamente, ma eziandio al concetto incarnato, il quale, essendo consorte di quella, torna impossibile il vederlo solo e nudo. La contraddizione sorge tra il vago ed indefinito concetto della mente e quello determinato e circoscritto dell'opera creata. Ne' concetti artistici s'infiltra un elemento indescrivibile, un certo non so che, il quale persegue l'Artista nelle sue creazioni, e fa che egli rimanga non pago di quei cancelli in cui non potè rinserrare quell'elemento che, siccome avoltojo, gli divora inesorabilmente il cuore.
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