È bene adunque che in Europa sia questa grande caldaja, ove tanti elementi si combattono, non importa che il suo vapore ci spruzzi alcuna volta la sembianza. Né la leggerezza dell'universale toglie che s'incontrino in Francia uomini serissimi, come la lealtà, l'ingegno e l'ardire degli Alemanni non impediscono che vi sieno uomini furbi, dappoco e servili.
Musica inglese. Della Musica inglese quasi non occorrerebbe tener discorso in un lavoro che vuol discoprire ove sta propriamente la vita musicale. Gl'Inglesi hanno sempre avuto un grande amore per la Musica, tanto che sin nel secolo XVI la conoscenza musicale era indispensabile ad ogni uomo educato e colto. Il Peacham, parlando delle doti che debbono ornare un gentiluomo compiuto, dice esser necessario ch'egli canti il suo pezzo all'impronto, e lo suoni ugualmente sulla viola e sul luth. La mania arrivò a tale, che una volta ad un banchetto tutti fecero le maraviglie che il signore della casa aveva permesso di sedere a mensa ad un uomo che non sapeva punto di Musica. Questo amore rimase però un affar di moda e non produsse nulla di grande, anzi fu testimonio maggiore dell'incapacità che hanno gl'Inglesi per la creazione musicale. Salvo poche eccezioni, le quali peraltro non hanno avuto alcuna importanza per l'avanzamento dell'Arte, gli stranieri hanno tenuto lo scettro del Teatro inglese. Tra le eccezioni sono: Enrico Purcell, di cui gli scrittori inglesi di Storia della Musica menano gran vanto; il Dr. John Bull, al quale è attribuito il famoso God save the King; Daniele Purcell, che al 1702 fece rappresentare a Drury-Lane l'Opera drammatica che aveva per titolo The Judgement of Paris; Tommaso Clayton, che nella sua Musica Arsinoe queen of Cyprus imitò il fare italiano, ed altri di non molto grido.
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