Quel beffardo o scherzoso riso mostra appieno, ch'ella già consumata ai colloqui d'amore deride le espressioni affettuose e menzognere degli uomini. Onde il palcoscenico diviso da un muricciuolo che si protende d'innanzi, e che ha da un canto una bettola ove il galante Duca amoreggia colla donna, la quale lo beffa col suo riso sfrontato, e dall'altra una piazza ove Gilda piange col padre accanto, forma una scena che io tengo per una delle più belle creazioni del Verdi. Il mirabile dell'arte sua in questo pezzo è l'avere in una sola frase ritratto il ridere ed il baccano che si fa da un lato, ed il pianto disperato che s'innalza da quella misera dall'altro: si piange e si ride insieme e su di una stessa frase; onde chi non sapesse già la situazione che ivi si determina, l'indovinerebbe quasi alla Musica, tanto questa la esprime.
Io tengo che nel quartetto il Verdi abbia toccato la eccellenza del suo stile, perché ivi la Musica determina maravigliosamente, per quanto a lei è dato, l'avvenimento. Né solo il quartetto definisce i caratteri. Il Duca sin dalla festa di ballo con cui comincia l'Opera ci si fa innanzi con una ballata spensierata, briosa, vivace che lo definisce giovane sempre volto a darsi bel tempo delle donne. Egli nel second'atto mentre tiene ragunata la gente per rapire Gilda, penetra di furto nella casa di lei, e sotto le vesti di studente e di semplicione le dice: Il sol dell'anima, la vita è amore, canto ove l'amore si effonde con purità e tenerezza. Gran segno della serenità e dell'arte che avea in serbo per ingannare.
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