Terminato il gran pezzo, Leonora ancora con le parole di Manrico nella mente rompe in una tenerissima cabaletta. La pacatezza sparsa in questo canto, messa d'incontro alla catastrofe che si prepara, mostra mirabilmente la deliberazione ferma e la rassegnazione con cui Leonora morrà pel suo amante. E la cabaletta, come il suo concetto, spunta dal pezzo concertato, senza che sieno in mezzo altre vane note che la sospendano. Segue il duetto tra il Conte di Luna e Leonora, la quale osa chiedergli la vita di Manrico, e gli si getta ai piedi e lo scongiura con disperata preghiera. Le si volge il Conte, e nel suo canto accentato vedi la rabbia di chi scorge prostrata a' suoi piedi la donna che lo spregiò, e che ora chiede la vita del suo rivale. E mentre il Conte infierisce contro il Trovatore, il Verdi fa da Leonora ripetere sempre ed obbligatamente, lo salva. Il canto del Conte e quello di questa misera, che non si stanca mai d'implorar grazia per l'amante, formano un bel contrapposto. Leonora fa il supremo sagrifizio: rinunzia all'amore di Manrico, alla vita, per salvarlo, e promettendo al Conte di esser sua, ingoja furtivamente il veleno. Questi a tal prezzo salva da morte il rivale. E qui sempre l'arte e l'ispirazione del Verdi ci presentano nuove bellezze. Il Conte delibera e dice a Leonora, Colui vivrà: allora ella prorompe in un, vivrà, in cui la Musica ci mostra che Leonora balza dallo stupore e dal giubilo; e qui è pure il principio di una cabaletta le cui variate, sollecite e crescenti note, mostrano che in lei la piena dell'affetto trabocca.
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